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Ogni domenica vado a cinema con degli amici, il problema è che ciascuno vuole vedere un film diverso, quindi c’è solitamente qualcuno che riesce a convincere tutti gli altri a guardare la sua preferenza. La settimana precedente, a quella in cui fui io a convincere gli altri, il nostro amico ci spinse a vedere “Una notte al museo 3” e vista la mia recensione vi lascio immaginare come fu malmenato all’uscita del cinema (se non l’avete ancora letta, correte a farlo). Ebbene la settimana seguente fui io a convincere gli altri, a prendermi questa responsabilità, e così li convinsi a vedere “Italiano Medio”, loro erano particolarmente restii, ma io insistevo con frasi del tipo “No dobbiamo andare assolutamente, Maccio è un genio, non delude” oppure “Moriremo per le risate, mica come con una Notte al museo 3”. Entriamo nella sala, ci sediamo, silenzio imbarazzante per tutta la durata del film, tranne per qualche brevissima scena. All’uscita volevo sprofondare, vi lascio immaginare…

Dovevo necessariamente raccontare questo aneddoto, poiché corrisponde al vero e per fare comprendere quanto io ci tenessi, quanto io ci credessi, sì perché per tutta la durata del film non ho mai smesso di sperare che ci strappasse grasse risate, cioè stiamo parlando di Maccio Capatonda, mica di Paolo Ruffini…

La trama ve la risparmio, penso che a questo punto non ce ne sia bisogno, in sintesi c’è un uomo formalmente impegnato per il sociale, ma che nella pratica non riesce a combinare nulla di positivo e concreto per chi gli sta intorno. Un suo vecchio amico delle elementari gli offre una pillola che porta l’intelligenza al 2%, e non potrà più farne a meno.

Sarò blasfemo? Molti tweet sul noto social me lo fanno pensare, prima di andarlo a vedere leggevo commenti come “Maccio sei un genio” o “Non riuscivo a smettere di ridere, un capolavoro” e dunque mi gasavo ancora di più. Avevo aspettative alte, ma non altissime, pretendevo solo di ridere.

La pecca principale di questo film è che non regge tutta la baracca, qualcuno, ho letto, dice: “L’idea andava bene per un video di 3 minuti, ma non per un film”, ebbene io non credo, io credo che si potesse fare, anzi ottenere un buon prodotto partendo proprio dal trailer di “Italiano Medio” e non quello che invece tutti noi abbiamo visto.

I moralisti potranno dirmi “Sei un italiano medio, non hai colto le metafore, le allusioni”, no, non è vero io le ho colte, ma sono talmente banali, e scontate che avrei preferito un film senza queste, poiché io non ho mai riso, e lo trovo imbarazzante visto che sono andato a vedere un film di Maccio Capatonda, che seguo ormai da tempo.

Il cast c’era, era al completo, ok, lo so, di Ivo Avido, ne avremmo potuto fare anche a meno, ma a compensare c’era Anna Pannocchia in forma smagliante, così come Herbert Ballerina, colonna portante del film, che grazie alla sua recitazione permette alla pellicola di non sprofondare nel peggiore dei liquami.

Una delle cose che ho detestato di più sono le scene surreali, esagerate, troppo esagerate, che non fanno ridere. Italiano Medio è un film in cui il fatto che un uomo abbia tosato un parco in modo tale che dall’alto si legga “SCOPARE!”  dovrebbe far ridere, o che il protagonista si schianti con la suddetta macchina, o che un uomo sniffa cocaina dal naso tramite una banconota da 500 e la rigetta sul tavolo dalle proprie narici formando un cuore… bah…

Diciamoci la verità, il film non regge ed è forzato, forzato all’ennesima potenza, tuttavia cerchiamo di cogliere qualche aspetto positivo:

-Herbert Ballerina e la presenza nel film della mossa dell’”Usciere” , e già ciò vale il prezzo del biglietto.

-Anna Pannocchia in forma smagliante.

-I titoli di testa, che coprono i primi 2 minuti, unico momento esilarante del film.

-Il primo piano in cui vediamo apparire Maccio, Anna Pannocchia, e tutta la compagnia di sgangherati che lottano contro la società moderna.

Non mi viene nient’altro a mente, e fatemelo dire la trovata dei terroristi non faceva ridere, troppo stereotipato, troppe macchiette, un finale prevedibile, e diamine fai vestire e recitare Herbert come un Trans (il che già fa ridere di per sé), ma fai in modo di sfruttarlo al meglio quel momento comico…

Ovvio che io sia rimasto un po’ amareggiato, poiché non me l’aspettavo, forse chi rideva a queste situazioni paradossali ed esagerate è il vero italiano medio… non lo so… dopo aver scritto e pubblicato questa recensione, mi leggerò cosa hanno scritto i miei colleghi di nicchia su WordPress, e mi aspetto dei loro pareri, o se no qua sembra sempre di scrivere per un muro.

Questa recensione uscirà contemporaneamente, o almeno per il momento è questa l’intenzione, al film del 2002 “May”, per motivi di “marketing” mi sarei dovuto vendere a “50 sfumature di grigio” o a qualche film in sala, ma ho preferito non farlo, magari nei prossimi giorni.

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May è un film del 2002 di Lucky McKee, si tratta di un film posto nella categoria dell’”Horror”, ma che spazia da un genere all’altro, discostandosi dagli Horror a cui siamo abituati.

Ho visto questo film grazie al consiglio del blog “La settima arte” di fabiobuccolini85, in particolare grazie al suo articolo sul film di cui vi posto il link https://fabiobuccolini85.wordpress.com/2015/03/05/i-film-dimenticati-may-il-capolavoro-di-lucky-mckee/ .

Ammetto che non conoscevo Lucky McKee, il trailer del film mi ispirava sicuramente di più della locandina, un po’ trash, e in principio mi ha meravigliato la presenza nel cast di Anna Faris.

May è una ragazza sola, cresciuta sempre come un’emarginata dalla società, senza cari né amici, ed è solo il furor amoroso che innesca in lei una serie di reazioni, tali da portarla ad una radicale trasformazione.

Ammetto che più che del 2002, fin dal principio mi è sembrato un film molto retrò, più anni ’90, ad esempio “Mamma ho preso il morbillo” uscito nel ’98, sembra dieci anni avanti a questo film, ma forse tale risultato è dovuto dall’essere un film complessivamente cheap, ma questo non è un aspetto importante.

Piccola nota di demerito per il montaggio ad inizio film, ma con il proseguire della pellicola la situazione si risolleva.

May è un piccolo gioiello sconosciuto ai più, un gioiello che ti smuove l’animo, che ti turba, e che lo fa mettendo in evidenza i disagi sociali di una ragazza che fin da piccola è definita da tutti “strana”. E’ un film inquietante, a renderlo tale non sono solo le scene in sé, ma anche i dialoghi, basti pensare a frasi come “Vuoi portarla (la mano) via con te?” recitata dal protagonista maschile a cui segue un inquietante sguardo molto “mlmlml” con cui la bravissima Angela Bettis (May) lo fissa.

Nei primi cinquanta minuti di film conosciamo questa ragazza impacciata, stramba, innocente, ma nell’ultima mezz’ora della pellicola il furor amoroso la trasformerà da timida a folle sanguinaria, figlia di un triangolo tra Hannibal Lecter, Norman Bates e il Dott. Frankestein. Ed è così che, come l’angelo della morte, se ne va girando tra le case di coloro che l’hanno ferita, “arrabbatando” i “pezzi” migliori di loro, un concetto che mi ricorda molto come Evan Peters viene riportato in vita dalle streghe di “American Horror Story: Coven”.

L’introspezione psicologica è una delle colonne portanti del film, così come lo straniamento e l’elemento perturbante. C’è una scena che porterò nei miei incubi peggiori per tutta la vita, che mi ha marcato, dico solo una parola, per non rovinarla a chi lo deve ancora vedere, e la parola è: “vetro”.

All’atmosfera Horror poco comune si unisce anche una sottile vena ironica, costante nel film. Tuttavia è interessante il personaggio di Anna Faris, poiché incredibilmente anche alla fine della visione della pellicola non ho ancora capito che ruolo ricoprisse,  a parte leccarsi le dita, accarezzare sensualmente i gatti, e ballare sul tavolo di un centro veterinario.

May apre due volte gli occhi due volte durante il film, così come lo spettatore davanti a qualche forzatura e scene un po’ strambe che partecipano nel rendere “May” un prodotto unico ed interessante, di cui consiglio la visione.

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